Maldigola.

La verità è che è vecchio. La verità è che dovrebbe starsene a letto con le babbucce, il pigiama di flanella, il cuscino sullo stomaco, il cappello di lana in testa e il termometro in bocca.

Invece fa lo young e se ne va' in giro per Bologna alla ricerca dei testi (perduti) per la tesi. Poi gli viene il maldigola, senza pensare che da lì a qualche giorno avrà un esame. 

Bello, lui, il giovane, con il suo maglioncino a righe orizzontali nero-verdognole e i jeans che gli rasentano il culo, muoversi, agile, quasi sbarazzino, tra i portici della Dotta, da una biblioteca all'altra, alla ricerca del tempo perduto, con l'eterea speranza di un futuro radioso, lì con lui, come amante. 

Quattro anni, buoni, sono stati buttati. Lo sa, ne è conscio, ma finge che non gliene freghi più di tanto. Perché, lui, il giovane, che poi in realtà è un vecchio che si pensa giovane, cerca di barare con il tempo, di sottrarsi a lui, come se quel due e quel sette, uno di seguito all'altro alla voce "Età" sulla carta di identità, non fossero reali. 

Si dice: "Sticazzì, sempre meglio il due prima del sette e non il contrario". Ma il sette non è uno zero. Il prossimo tondo che lui rivedrà sarà preceduto da un tre. E forse, per quel momento, gli toccherà mettere la testa a posto, trovarsi un lavoro con cui campare, perpetuare il suo corredo genetico e scovare un modo per bissare la veneranda età di suo bisnonno, Cavaliere di Vittorio Veneto.

La verità è che il suo tempo è quasi passato. La verità è che lui è stato il figlio del cambiamento. Se ne è sempre sempre reso conto e, per questo, è sempre stato incapace di reclamare un momento nella Storia per sé, di farlo suo, di sentirsene il padrone, per lui e la sua generazione, nell'attesa che le promesse del futuro si realizzassero. Nessuna certezza, ahinoi, nessuna certezza.

Il maldigola è qui per ricordarglielo. Memento. Il tempo non lo puoi fregare. Eppure, questo maldigola, a lui, piace.

Non credo che, in Italia, il lavoro di stripper, con il quale la signorina Brook Busey-Hunt, in arte Diablo Cody, viveva, aiuti la carriera cinematografica.

Al massimo, qui, ti può dare più chance per ritrovarti su una statale di periferia dalle 10 alle 3 del mattino.

Invece, negli USA, ci puoi vincere un Oscar come migliore sceneggiatura alla tua opera prima. Pensa te. E complimenti.

Tappami, Levante, tappami! Se tu mi vo' bene!

Lacrime.



OASIS CLUB 28 Novembre 1999.

Non mi si vede ma ero sicuramente lì. Altri tempi, cazzo.

Aspettando chi?

Non voglio entrare in merito all'assurdità e all'ipocrisia di quelli che vorrebbero la moratoria sull'aborto. Sono quelle persone che, mosse da un loro ideale (o fede) che può avere anche delle forti motivazioni, credono che a eliminare una pratica che loro considerano indegna - sia essa l'aborto, l'assunzione di droghe, la prostituzione, l'assunzione di alcool e tutto quello che più vi aggrada - questa non venga più praticata quando la Storia e l'esperienza quotidiana ci dicono il contrario. Non si abortiva lo stesso quando non c'era la 194? Non si tradiva e non si avevano amanti quanti non c'era il divorzio? La gente non continua ad assumere droghe nonostante la legge lo vieti espressamente? Oppure uomini e donne hanno per caso smesso di andare a puttane - sebbene non sia propriamente illegale andarci ma solo sfruttarla (una classica dimostrazione dell'ipocrisia catto-comunista) - dopo la chiusura dei bordelli? Infine tutti i giovani e meno giovani non continuano ad ubriacarsi e subito dopo a guidare i loro automezzi sebbene le percentuali di alcool che possono ingerire per mettersi al volante siano tra le più restrittive d'Europa? Poi, se invece di fare i pragmatici - qualità che in politica, ma soprattutto nella vita, si rivela più essenziale e più importante che essere mossi da un'ideale e/o una fede cieca in qualsiasi cosa - vogliamo ragionare solo in termini assolutistici di verità che risiede solo in certi pensieri e non in altri, beh, possiamo discuterne per ore senza venirci a capo. L'esperienza, che è ciò che in fin dei conti ci fa comportare in una certa maniera e non in un'altra, è, nel nostro piccolo, la migliore consigliera. Io faccio fatica ad abbracciare un'idea assoluta senza poterla mettere in discussione come fanno tante persone che pare non ragionino o ragionino solo per fare tornare il loro discorso e convincere gli altri. Sono degli oratori retorici, nel senso greco (antico) del termine. Credo che di persone del genere tocchi avere paura, siano esse religiose o laiche, non importa. L'assolutismo ideologico è esistito ed esiste in entrambi gli schieramenti.
Ma non volevo parlare di questo. Quello su cui mi interessava riflettere, anzi domandarmi senza risposta, è altro. In parte si ricollega al pensiero precedente. Io vedo questi signori, gli assolutisti ideologici, che, ovunque nel mondo, dall'Iran agli Stati Uniti, dallo Stato Pontificio all'Italia, impazzano ogni giorno sui giornali, sulle televisioni e sui mezzi di comunicazione in generale per esprimere con forza (e forse un po' di arroganza) le loro idee. Benissimo liberissimi di farlo. Solitamente sono persone di mezza età o più anziane. D'altra parte vedo anche coloro che si oppongono ai loro pensieri, alcuni di questi spesso mossi da contrapposte ideologie, e mi accorgo che anche loro sono persone di mezza età o più anziane. In tutto questo, sia da una parte sia dall'altra, mancano i giovani. Diciamo quelli sotto i quarantacinque anni, visto che l'accezione giovane nel nostro paese poi è altamente aleatoria. Prendiamo l'esempio di questi giorni: Giuliano Ferrara e (Don) Camillo (l'amiko del Tedesko) Ruini sul fronte anti-abortista e tutte queste donne scese nelle piazze, a partire dall'ancora per poco Ministro della Salute Livia Turco, dopo l'assurdo intervento della polizia all'ospedale al polo opposto. Non mi pare, soprattutto vedendo chi ha manifestato, che ci fosse della grande gioventù. O, se c'era, si poteva riassumere in poche decine di persone. Questo è il problema. A difesa dell'aborto c'erano solo donne che non potranno più rimanere incinte. Uno potrebbe dire: è l'argomento che ostico e non attira. Un'affermazione del genere sarebbe già grave di suo ma non credo sia vera. Infatti, prendiamo come esempio le primarie del Partito Democratico. Altro argomento, sicuramente più leggero, meno intellettualmente impegnativo. Come scrissi, il 14 Ottobre scorso ho votato alle primarie, l'ora candidato premier, Walter Veltroni. Sabato scorso, 9 Febbraio, sono tornato a votare per le primarie del Circolo cittadino del PD come elettore del 14 Ottobre - dove tra l'altro mi sono anche iscritto, tanto per donare cinque euro alla causa, perché credo in un sistema a due partiti che altro. Comunque, in entrambe le occasioni a quattro mesi di distanza, l'affluenza era sempre molto alta così come l'età media. Anche qui pochissimi giovani. Parliamo di rinnovamento della classe politica, del PD nato come un partito nuovo, dell'apporto essenziale del mondo giovanile per crearlo, eleggiamo pure un segretario comunale che è nel pieno dei vent'anni e la "base" è formata da ex comunisti (in maggioranza) ed ex democristiani che comunque vada, faranno sempre quello che il Partito dice? C'è qualcosa che non torna.
C'è proprio qualcosa che non torna se in un paese come il nostro le persone non si interessano a ciò che accade loro intorno. Siamo diventati tutti dei piccoli proprietari terrieri senza terra. E lo dice uno a cui piace fare l'individualista, a cui piace contare sulle proprie forze e che ha poca attitudine a collaborare con gli altri, e quindi è una critica anche verso me stesso, ma è impressionante come con la caduta delle ideologie, di qualsiasi segno esse fossero, le persone, lasciate sole con sé stesse ad ammirare immobili il vuoto che rimbomba dentro di loro, abbiano completamente perso il senso di cosa significa vivere, per forza, volenti o nolenti, in comune, uno di fianco all'altro. Siamo diventati una massa di stronzi egoisti. Non pensiamo che togliendo ad alcuni delle libertà, dei diritti, che oggi a noi non servono forse, in futuro, potremmo essere noi stessi a richiederli perché allora ci serviranno e che, se una volta non ci fossimo opposti, potremmo beneficiarne immediatamente senza dover lottare contro chi la pensa come la una volta lo facevamo noi. In sostanza non abbiamo più un'idea di futuro. E' troppo facile sentirsi dire che non la possediamo più perché è la società stessa a spogliarci di tutti i nostri sogni o ci toglie la possibilità di vivere con un obiettivo. E' vero, può essere un deterrente, ma mai una scusa per l'ignavia che ci colpisce tutti e, in particolare, le nuove generazioni. Chiunque desidera svolgere un lavoro da dipendente per non avere alcuna responsabilità. Siamo la generazione che se ne vuole lavare le mani. Sfuggiamo da tutti i nostri obblighi trasformandoli in doveri, dal lavoro dove non vogliamo assumere posizioni di comando e quindi di responsabilità ma poi ci lamentiamo perché non guadagnamo nulla mentre chi dirige incassa tre volte tanto se non di più, all'ambito familiare dove o non si ha minimamente idea di mettere al mondo dei figli oppure se ne mettono al mondo troppi e poi non si ha la capacità e la possibilità, anche economica, di provvedere a loro e si preferisce lasciarli abbandonati a loro stessi o viziarli per compensare il nostro senso di colpa per non avere il coraggio, ad esempio, di leggere loro una favola invece che attaccarli a una console o a un computer. Oppure in ambito sociale dove prima di tutto veniamo noi come singoli individui, poi, forse, i parenti più stretti, seguiti, solo in alcuni casi, dagli amici - se così li vogliamo definire, il più delle volte sono dei semplici conoscenti - e poi nessun altro. 
Ciò dimostra la nostra essenza di pecoroni? Se non abbiamo qualcuno che ci guidi non riusciamo a ragionare con la nostra testa? Se non abbiamo un'ideologia o una fede che ci muove siamo troppo spaventati ad ascoltare noi stessi? Siamo troppo terrorizzati per cercare di capire cosa, liberi da ogni preconcetto mentale, siamo veramente? Forse sì, probabilmente sì. Forse quello di cui abbiamo bisogno sono proprio le ideologie. Ci piace credere alle favole, ci piace credere a qualcosa di cui non abbiamo la certezza che sia realizzabile o che esista invece che confrontarci con ciò che è tangibile, reale, quotidiano ed esperienziale perché la speranza e la credenza in un qualcosa al di fuori di noi è più facile da accettare per vivere più felici, certi, in base al nostro unico parere, di un futuro roseo che verrà. L'ideologia e la sua mancanza producono lo stesso effetto: l'ignavia, manifesta per chi non crede, e non manifesta, ma presente, visto che si vive attendendo qualcosa, per chi vi ha fede.
Un pò come quei due personaggi di Beckett che soli se ne stanno sul ciglio della strada ad aspettare, aspettare ed aspettare, dimentichi del presente e quindi di ogni tempo, come in un limbo. Godot, purtroppo per loro, non è mai arrivato.

Uhm.

Ha chiuso la Margot

Uhm. 

Dispiace. 

Sbuffo.

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