Notizia e Foto. Dove si nota la presenza inquietante della Mummia!

Se oggi potessi essere a Roma andrei al Gay Pride. E non per solidarietà "da esterno" a una categoria in lotta. Ci andrei perché, da cittadino italiano, riconosco nei diritti degli omosessuali i miei stessi diritti, e nell'isolamento politico degli omosessuali il mio stesso isolamento politico. Ci andrei perché la laicità dello Stato e delle sue leggi mi sta a cuore, in questo momento, più di ogni altra cosa, e ogni piazza che si batta per uno Stato laico è anche la mia piazza. Ci andrei, infine e soprattutto, perché, come tantissimi altri, sono preoccupato e oramai quasi angosciato dalle esitazioni, dalla pavidità, dalla confusione che paralizzano, quasi al completo, la classe dirigente della mia parte politica, la sinistra.

Una parte politica incapace di fare proprio, senza se e senza ma, il più fondante, basilare e perfino elementare dei princìpi repubblicani: quello dell'uguaglianza dei diritti. L'uguaglianza degli esseri umani indipendentemente dalle differenze di fede, di credo politico, di orientamento sessuale. Ci andrei perché ho il fondato timore che la nuova casa comune dei democratici, il Pd, nasca mettendo tra parentesi questo principio pur di non scontentare la sua componente clericale (non cattolica: clericale. I cattolici sono tutt'altra cosa).

Ci andrei perché gli elettori potenziali del Pd hanno il dovere di far sapere ai Padri Costituenti del partito, chiunque essi siano, che non sono disposti a votare per una classe dirigente che tentenni o peggio litighi già di fronte al primo mattone. Che è quello della laicità dello Stato. Una piazza San Giovanni popolata solamente da persone omosessuali e transessuali, oggi, sarebbe il segno di una sconfitta. Le varie campagne clericali in atto tendono a far passare l'intera questione delle convivenze, della riforma della legislazione familiare, dei Dico, come una questione di nicchia.

Problemi di una minoranza culturalmente difforme e sessualmente non ortodossa, che non riguardano il placido corso della vita civile di maggioranza, quella della "famiglia tradizionale". Ma è vero il contrario. L'intero assetto (culturale, civile, politico, legislativo) dei diritti individuali e dei diritti di relazione riguarda il complesso della nostra comunità nazionale. La sola pretesa di elevare a Modello una sola etica, una sola mentalità, una sola maniera di stringere vincoli tra persone e davanti alla comunità, basta e avanza a farci capire che in discussione non sono i costumi o il destino di una minoranza. Ma i costumi e il destino di tutti.

Ci andrei perché dover sopportare gli eccessi identitari, il surplus folkloristico e le volgarità imbarazzanti di alcuni dei manifestanti è un ben piccolo prezzo di fronte a quello che le stesse persone hanno dovuto pagare alla discriminazione e al silenzio. E i peccati di orgoglio sono comunque meno dannosi e dolorosi delle umiliazioni e dell'autonegazione. E se la piazza dovesse essere dominata soprattutto da questi siparietti, per la gioia di cameraman e cronisti, la colpa sarebbe soprattutto degli assenti, che non hanno capito che piazza San Giovanni, oggi, è di tutti i cittadini. Se ci sono pregiudizi da mettere da parte, e diffidenze "estetiche" da sopire, oggi è il giorno giusto.
Ci andrei, infine, perché in quella piazza romana, oggi, nessuno chiederà di negare diritti altrui in favore dei propri. Nessuno vorrà promuovere un Modello penalizzando gli altri. Non sarà una piazza che lavora per sottrazione, come quella rispettabile ma sotto sotto minacciosa del Family Day. Sarà una piazza che vuole aggiungere qualcosa senza togliere nulla.

Nessuna "famiglia tradizionale" si è mai sentita censurata o impedita o sminuita dalle scelte differenti di altre persone. Nessun eterosessuale ha potuto misurare, nel suo intimo, la violenza di sentirsi definire "contro natura". Chi si sente minacciato dall'omosessualità non ha ben chiaro il concetto di libertà. Che è perfino qualcosa di più del concetto di laicità.

Michele Serra su Repubblica.






Erano due anni che dicevo l'avrei fatto.

Caro Ministro Rutelli,

le scrivo per farle presente una situazione che, immagino, Lei, certamente, conoscerà bene e che io giudico priva di senso.

Ciò a cui mi riferisco è il valore legale che viene assegnato al Diploma conseguito presso il Centro Sperimentale di Cinematografia, nel quale ho avuto la fortuna, a dispetto di molti, di studiare dal 2004 al 2006 e che mi verrà consegnato (a quanto pare) il prossimo 25 o 26 Giugno.

Come Lei ben saprà il CSC non rientra tra quelle istituzioni e scuole (tutte dello Stato) che fanno parte dell'Alta Formazione Artistica e Musicale (AFAM) che equipara il titolo conseguito a una Laurea Triennale Universitaria.

Ben sapendo che uno dei motivi, se non il principale, per rientrare a far parte dell'AFAM è quello secondo il quale l'istituzione deve dipendere dal Ministero dell'Università e della Ricerca e non dai Beni e Attività Culturali, è palese notare come, in questa maniera, a causa di una mancata volontà di adesione a tale "progetto" da parte della dirigenza del Centro Sperimentale, gli studenti diplomati, come me, si ritrovino, dopo tre lunghi anni di corso, con un Diploma che, a tutti gli effetti, vale meno (parliamo ovviamente di legge - non di esperienza accumolata negli anni di studio) rispetto a uno conseguito presso un'altra Accademia, Istituto, Conservatorio o Università triennale.

Parrebbe quasi significare che chi ha frequentato il Centro Sperimentale di Cinematografia (e l'Accademia Nazionale del Dramma Antico - visto che è un problema a loro comune) sia, per lo Stato Italiano, uno studente di serie B rispetto a chi si è diplomato da:


Accademie di Belle Arti

Accademia Nazionale di Danza

Accademia Nazionale D'Arte Drammatica

Istituti Superiori per le Industrie Artistiche

Conservatori di Musica

Istituti Musicali Pareggiati


Ora non pare anche a Lei strano e ironico che lo Stato non riconosca il medesimo valore ai titoli di ogni scuola da lui finanziata copiosamente ogni anno?

Non crede che i diplomati del CSC e dell'Accademia Nazionale del Dramma Antico debbano avere lo stesso trattamento riservato agli studenti di altre scuole dello stesso genere?

Non crede sia giunto il momento, per mezzo di un accordo tra Lei e il Ministro Mussi, di sanare questa assurdità?

Io, nella mia modesta opinione, credo di sì. E confido in Lei.

Distinti Saluti,

Enrico Vannucci

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