Prepariamoci all'ecatombe. Speriamo.

Questo articolo apparso su Repubblica.it è alquanto interessante. Descrive le magagne che stanno venendo a galla nel Partito Democratico. E quelle raccontate sono sicuramente una parte piccolissima. Certo, le più notiziabili e di grande effetto mediatico (Bologna, Reggio Emilia - il feudo rosso per eccellenza! - e Forlì) ma una parte piccolissima. Se si passa ad analizzare al microscopio la situazione sul territorio si scopre come il PD sia allo sbando anche in feudi una volta comunisti fino al midollo. E mi viene da dire "meno male".

Il progetto sta fallendo. E lo dice uno che ci ha creduto e che ci crederebbe ancora. Molto. In questo anno e mezzo si è stati solo capaci di farsi (farci) del male. Su tutto. E la colpa non è della base. La colpa è dei dirigenti. Walter sarà stato anche uno farfallone spensierato ed ottimista, un Nano di Arcore senza palle (e Arcore) ma almeno aveva un'idea politica importante, ricondurre il caos politico italiano al binomio che si ritrova in tutte le democrazie più efficienti: riformisti vs conservatori. Certo, gli errori sono stati commessi principalmente anche proprio da Walter (accettare che Di Pietro si presentasse come alleato, superando così lo sbarramento, invece che farlo scomparire con tutti gli altri partitini si è dimostrato un gesto di pura miopia politica che ha provocato solo il rafforzamento di un finto partito di sinistra quale è l'Italia dei Valori e un crollo vertiginoso di quello che doveva essere il partito forte dello schieramento, anzi l'unico partito, l'unico interlocutore. Reazione a catena che ha portato, inoltre, a un aumento di voti per l'UDC, impensabile!) ma alla fine la linea che pare aver vinto è quella dei politici più infidi e doppiogiochisti come D'Alema. Ed è questa linea che la base non comprende. Le parole di Debora Serracchiani durante la conferenza dei circoli, parole che sono diventate un nuovo fenomeno mediatico internettiano, sono state molto chiare. E condivisibili. Il partito deve cambiare e per cambiare deve farlo dal basso.

Cambiare dal basso non significa però far si che i dirigenti più piccoli, quelli locali, siano promossi di grado a livello provinciale e via dicendo. No. Anche i dirigenti locali risentono dell'anzianità (vogliamo chiamarla così?) dei D'Alema, Bersani, Bindi, Marini e di tutti gli altri. Cambiare dal basso significa cambiare tutti i dirigenti proprio a partire dal basso. Scendendo nel piccolo, nella provincia: come è possibile ricandidare a Sassuolo un inetto come Pattuzzi dopo cinque anni di governo delle magagne, degli accordi sottobanco, di un piano regolatore fasullo che è stato presentato in Provincia non identico a quello realmente votato in consiglio comunale perché quello approvato non rispettava i parametri e favoriva il (troppo) cemento per ingrassare i soliti noti? Ma stiamo scherzando? Perché dobbiamo continuare ad avere i soliti politicanti - i nomi dei quali, sia a livello nazionale sia territorialmente, sono noti a tutti - che occupano le stesse poltrone dai tempi del PCI e della DC? Solo perché nella loro vita non hanno mai svolto un lavoro che non fosse quello della politica? La politca non è un lavoro. La politica è mettersi al servizio degli altri a tempo determinato, quello del mandato che i cittadini hanno devoluto alla persona incaricata. Il mandato, in ogni democrazia che si rispetti è appunto a tempo e, soprattutto, non rinnovabile all'infinito. Altrimenti ci si trova in una oligarchia o peggio una dittatura . Ma, d'altra parte, i "vecchi compagni" sono stati allevati a pane e "dittatura del proletariato" quindi è alquanto impossibile immaginare che possano comprendere il termine "democrazia dell'alternanza" e tutto ciò che esso implica, prima di tutte le altre cose il ritiro a vita privata dopo la fine del proprio mandato elettorale). Se il tuo lavoro è quello del politico c'è qualcosa che non va. Ciò non significa che non si debba fare politica a vita ma che non si dovrebbe vivere con la politica. E per vivere intendo la sussistenza primaria di un individuo. Se si sopravvive (termine volutamente erroneo visto lo standard di vita di un politico, anche locale) con la politica ci si rivela solo come dei parassiti. E a Sassuolo, ad esempio, di parassiti, di sinistra, nel Partito Democratico, ce ne sono molti, troppi. Come è noto a chiunque, i parassiti non fanno bene all'organismo. Lo uccidono. E questi parassiti stanno uccidendo il PD non solo a livello nazionale ma, soprattutto, a livello locale.

Si prospetta un'ecatombe. Almeno io lo spero. Spero che si perda. E si perda anche di brutto. Non è masochismo di sinistra questo. No, anzi! Vivo con la speranza che l'ecatombe, una bella batosta, tipo a Bologna, a Reggio ma anche qui a Sassuolo, serva a far comprendere ai parassiti che è giunta l'ora di mollare la presa, di diventare adulti e trovarsi un lavoro (sì, anche in tempi di crisi economica, soprattutto in tempi di crisi economica). E spero che l'ecatombe, spazzando via i parassiti, dia il largo a nuove figure, provenienti soprattutto dal basso. Eppure mi sa che, nonostante tutto, nonostante si possa perdere malissimo, forse gli unici a salvarsi saranno sempre i soliti parassiti, ormai così fortemente attaccati al corpo che li ospita da esserne diventati i soli padroni.

Dio ce ne scampi.

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