I miti narrano che, nei tempi antichi, esisteva qualcosa nominato Weekend. Gli storici sono tenuti a credere che con tale parola ci si riferisse in particolare agli ultimi due giorni della settimana, il Sabato e la Domenica, e, per alcune categorie particolari, anche al Venerdì sera.
Oggi, purtroppo, all'alba geologica del ventisettesimo anno, di quella parola si è dimenticato completamente il significato. Recenti studi hanno ipotizzato che a tale nome venissero collegati sentimenti di euforia e trepidazione nell'attesa dell'evento, gioia e, soprattutto, divertimento, durante i giorni preposti. Pare che i partecipanti a tale specie di rito fossero soliti uscire in compagnia, raggrupparsi per svolgere conversazione su temi per la maggioranza frivoli - sebbene gli studiosi ritengono plausibile che alcune serate fossero dedicate ad argomenti ben più seri - o abbeverarsi, sorseggiando solitamente bevande alcoliche - ma sono stati rinvenuti scheletri di specie che dovevano essere completamente astemie e riuscivano a sopravvivere grazie a potenti analcolici corrosivi per il fegato - oppure svolgere balli di gruppo in soliti luoghi ben definiti fino a notte fonda, presumibilmente le quattro del mattino, quando facevano ritorno alle loro tane. In uno studio appena pubblicato su Science, si menziona la teoria che il Sabato notte essi ritardassero il loro ritorno fin verso orari prossimi al sorgere del sole del giorno seguente.
Purtroppo, all'alba geologica del ventisettesimo anno, della parola Weekend e del suo significato si è persa ogni traccia. Ciò che gli ultimi due giorni della settimana rappresentano oggi è solo una sbiaditissima copia di ciò che poteva essere un tempo. I paleontologi immaginano che la catastrofe ebbe inizio quando in un luogo ormai mitico, edenico, che è stato raffigurato come un'Oasi, la musica iniziò a cambiare e l'equilibrio, fino a quel momento armonico, tra le specie indigene si incrinò. Ogni essere sviluppò una propria personalità, un proprio gusto, differenziandosi dai suoi, fino a quel momento, simili. Altri gruppi si formarono e, spesso, la vita di questi animali si ridusse a un'esistenza a due che fece scordare ad entrambi i componenti - complice l'estinzione totale dei luoghi edenici dove vivere la loro vita - i miti fondativi della loro esistenza e della loro felicità, portandoli così a un imbarbarimento che non avevano mai conosciuto prima.
Solo alcuni canti e musiche, specialmente se ascoltati dal vivo, sembra siano capaci di far riemergere un piccolissimo ricordo di quegli archetipi ormai perduti per sempre. Ma il pensiero è sfuggente, così come nasce, muore. Il loro organismo è mutato irrimediabilmente.
Le immagini in movimento, del cinema o, ancora più spesso, della televisione, come spettri, hanno abbagliato le loro menti e inibito i loro corpi, portandoli a un'atrofia riproduttiva e vitale che li ha resi solo dei fossili, immobili e invecchiati, abbagliati dalla ferma convinzione che questa vita odierna sia quella che porterà loro la vera felicità quando, invece, l'Eden è perso per sempre, distrutto dalle immagini - simulacri mortiferi, uccisori di quell'eterea speranza di un futuro radioso una volta loro compagna - che hanno assuefatto le loro coscienze e che mostrano ciò che, in ultima istanza, diverranno: pensieri dimenticati. Così i miti ancestrali andranno persi per sempre.