Forza (Italia).

Ne parlavo giusto, giusto ieri sera con Monica. Non mi sorprende che oggi appaia sui giornali (sì, lo so, è Repubblica - sono dei "comunisti" di parte). Comunque non è la testata fondata da Scalfari ad aver fatto la rilevazione ma l'Authority per le telecomunicazioni. Che cosa hanno scoperto? Si potrebbe rispondere l'acqua calda ma è più giusto dire che si sono accorti come nei telegiornali, soprattutto a Mediaset e al Tg2, lo spazio dedicato al governo e alla maggioranza sia nettamente superiore rispetto a quello dedicato al resto. La regola non scritta dell'un terzo al governo, un terzo alla maggioranza e un terzo all'opposizione è largamente disattesa. Ma, ripeto, non ci voleva la ricerca dell'Authority per comprenderlo, la semplice esperienza empirica di telespettatore basta e avanza. Queste conclusioni non fanno che essere la diagnosi di sintomi già ampiamente percepiti. Non c'è da stupirsi quindi se sempre Repubblica (quei comunisti!) pubblica un sondaggio dove si nota chiaramente che il Nano e il suo esecutivo sono saldamente nei cuori della maggioranza degli italiani. Non c'è da stupirsi se il popolo non si scandalizzi per le vergognose scelte di questo governo. Non c'è da stupirsi se gli immigrati vengono picchiati da qualche giovane con la testa rasata che si crede libero di fare ciò che vuole o, peggio, dalla polizia municipale come a Parma. Non c'è da stupirsi se gli insegnanti vengono considerati dei lavativi che meritano un taglio netto e importante perché lavorano "solo" 19 ore alla settimana (ma non c'è nessuno che spiega al popolino che le 19 ore sono quelle frontali in classe e che il lavoro non viene ultimato a scuola ma continua a casa tra i compiti da correggere, le lezioni e le verifiche da preparare, dedicando almeno due ore al giorno del proprio tempo a tutto ciò, ore che, se sommate alle 19 ufficiali, alla fine della settimana, il totale è identico - se non superiore - a quello di qualsiasi lavoratore dipendente). Non c'è da stupirsi se della ricerca e dell'università non importa a nessuno e sono relegate alla stregua di un divertente passatempo, solo perché coloro i quali provano a farle seriamente amano il proprio lavoro, a differenza del popolino che detesta ciò che gli dà da mangiare. Non c'è da stupirsi perché l'informazione è diventata la grancassa del pensiero governativo che deve divenire (o, peggio, è già diventato) quello dominante. Ma attenzione, questo non è un processo che si protrae da Aprile, quando il Nano ha (stra)vinto le elezioni. No, questo processo è iniziato molto tempo prima, alla fine degli anni Settanta, quando sempre lui, il Cavaliere ha invaso l'etere con la sua monnezza mediatica grazie all'appoggio di Craxi. In trent'anni, è anche ciò che brillantemente racconta Moretti ne Il Caimano, Berlusconi - o chi per lui, ovvio - è riuscito ad uccidere - culturalmente, intellettualmente, spiritualmente - il paese. Ciò che accade oggigiorno è solo la conseguenza di quel processo. Ma lui non è l'unico colpevole. Vi è un concorso di colpa, il Cavaliere è stato solo il primo a scagliare la pietra. Il corresponsabile di questo stato delle cose è la Rai. La televisione di Via Mazzini ha, di fatto, abbandonato il suo ruolo di servizio pubblico per diventare una (bruttissima) copia di Fininvest, prima, e di Mediaset, poi. La sparizione dei film dalla prima serata e la loro sostituzione con show di bassa lega e serie televisive autoctone dai contenuti e dalla realizzazione scadenti è solo una delle tante prove che potremmo portare a suffragio di questa tesi.
Siamo un paese, nella stragrande maggioranza, di persone ignoranti, indifferenti e soprattutto prive di alcuna capacità di ragionamento e senso critico. Ciò lo dobbiamo a uno stile di vita, il berlusca's way of life, che ci è stato inculcato - almeno, per quelli come me che sono cresciuti con le tv dell'uomo di Arcore - fin da bambini. In pochi si sono salvati e molti di coloro che avevano visto anche un mondo senza veline, soubrette desnude ed Emilio Fede in bianco e nero sulla Rai, si sono lasciati conquistare dalle luci del varietà proveniente da Cologno Monzese. Quando vedo folle osannanti che vogliono toccare un uomo come il Nano mi prende lo sconforto. Non perché è Berlusconi, che ha quella faccia tosta necessaria per piacere ai più, ma perché si tratta di un politico e, come tale, mente, deve mentire, fa parte del suo ruolo. 
Gian Piero Brunetta ha scritto che "il mito del Duce penetra anche nella sala cinematografica e si costituisce come unico autentico mito divistico autarchico a cavallo degli anni trenta". Sostituite "Duce" con "Berlusconi", "sala cinematografica" con "televisore" e "anni trenta" con "primi anni del nuovo millennio" e anche voi arriverete alla conclusione che la televisione è l'arma più forte.

PS: la citazione è presa da Gian Piero Brunetta, Cent'anni di cinema italiano - Vol. I, Roma-Bari, Laterza, 1995, p. 180.

1 commenti:

    On 18/10/08 21:33 Pa ha detto...

    La televisione italiana ha contribuito ad unire il paese, fosse solo per la lingua parlata, la televisione commerciale l'ha ammazzato culturalmente e socialmente.

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