Prepararsi ad evacuare l'anima.


Fight Club è l'emblema dell'inutilità assoluta del pacifismo. La pace, il vivere sereni e senza problemi, il rispettarsi amorevolmente a vicenda, l'essere gentili, la cooperazione collettiva e mutualistica così come altre stronzate della stessa specie non fanno parte della natura umana. Sono invenzioni umane ma non fanno parte della sua natura. La mente le ha elaborate come difesa da noi stessi. Ma esse non fanno parte di noi. Nella maniera più assoluta. E Fight Club ci parla proprio di questo. Non è un libro che ho letto di recente così come non ho visto di recente il film ma, ne sono sempre più convinto, la riflessione di Palahniuk sulla società e sull'uomo e una delle più lucide e precise mai fatte. Sotto forma di romanzo (e poi di film) ma sempre di riflessione si tratta. Il dolore contraddistingue l'uomo. Lo riporta a ciò che è realmente facendogli dimenticare tutto ciò che si è autocostruito per sfuggire da sé stesso. Il dolore è provocato dalle ferite. Tappa necessaria per raggiungere l'illuminazione. Le ferite sono il risultato della lotta, della violenza, dello sfogo dell'istinto primordiale che ci connota: la supremazia su ciò che è diverso da noi. Il Fight Club è questo. Un ritorno alle origini, un ritorno alla vera natura dell'uomo. Marx affermava che la religione è l'oppio dei popoli. Può anche darsi. Ma non è solo colpa del clero. E' l'intera società, della quale la religione ha una parte importante, ad essere l'oppio dei popoli. Quella odierna lo è ancora di più che le società del passato. Viviamo in un mondo dove regna l'ipocrisia, il buonismo gratuito e il politicamente corretto. Da sessant'anni, noi Europei, abbiamo eliminato le guerre. E cosa ci è rimasto? Una società morente, decrepita, che sta tirando le cuoia. Siamo come quei i vecchi nobili dell'Ancient Regime, viviamo sulle disgrazie altrui, viviamo sfruttando gli altri, non rispettandoli. Siamo dei vecchi schiavisti. E, come la Rivoluzione Francese ha insegnato, verremo spazzati via da coloro che adesso stiamo schiavizzando. Il motivo è semplice: abbiamo praticato un'eutanasia su noi stessi. L'eliminazione della violenza dalla nostra società ha fatto sì che non riuscissimo a sfogare più il nostro istinto primordiale: il sopprimere l'altro. Le guerre sono sempre stata fonte di incredibili mutamenti nella società e di incredibili sfoghi da parte dell'ingegno umano. In tutti i campi: da quello di battaglia all'arte. Quando l'uomo riesce ad esprimere sé stesso, la sua vera natura, allora è capace di creare capolavori di ogni sorta. Ciò non significa che le guerre alimentino solo fuochi belligeranti ma riescono a creare un sublime ingegno anche nelle persone che le disprezzano maggiormente e sono maggiormente contro di esse. "Non ci vorrà mica un'altra guerra perché Rossellini torni a fare un bel film?" può sembrare una battuta ironica, ma è la pura verità. Il Neorealismo in Italia si è sviluppato grazie alla seconda guerra mondiale e a vent'anni di dittatura. Dobbiamo le maggiori opere d'arte, le migliori analisi filosofiche, le scoperte scientifiche alla guerra che altro non è che la massima espressione della natura umana. Noi siamo fatti per dominare gli altri. Invece, oggi, in una società che ha messo al bando il principio di dominazione per quello della cooperazione ci ritroviamo con vacue ed effimere immagini dentro una scatola elettronica assunte a santi e profeti di una generazione che pensa solo a spendere e a distruggersi. Poi ci meravigliamo se la gente sbotta, commette degli omicidi in famiglia, gli stupri, assalta la polizia, distrugge gli stadi, urla rabbiosa. Sono tutte valvole di sfogo. Gli ultimi rantoli prima dell'elettrocardiogramma piatto. Osservando gli Stati Uniti si capisce come sì essi siano la patria dello sperpero, del consumismo sfrenato, della vacuità portata agli altari, ma si comprende assai bene come loro non abbiano dimenticato quale sia l'istinto primordiale dell'uomo. La loro predisposizione per i conflitti armati (da quello con il vicino di casa a quello con l'Iraq) ne è la prova. Riuscendo ancora ad esprimere la propria natura, riescono a tenere viva e vegeta una società che presenta tutto e il suo contrario. E la comparsa di scrittori come Palahniuk sono la conferma della loro vitalità. Forse dobbiamo tutto questo alla loro giovane età. Noi europei esistiamo da più di duemila anni. Gli americani da appena qualche centinaia. Si portano ancora dentro la rabbia giovanile così vitale.
Questo non vuol dire che il pacifismo non debba esistere, che la pace non bisognerebbe agognarla, sperarla e chiederla a Dio. Anzi, intellettualmente, è stato il punto di arrivo più alto della nostra cultura occidentale ed europea. E, appunto per questo, non potendo progredire ulteriormente stiamo morendo. E' divertente vedere come il raggiungimento del livello massimo d'intelligenza abbia fiaccato il nostro cuore e il nostro istinto. D'altra parte noi siamo diventati quello che è il Narratore, Edward Norton nel film, in Fight Club: un personaggio che non ha un nome, un personaggio che si fa chiamare in maniera diversa in ogni gruppo di supporto che frequenta, un personaggio che si nasconde dietro una maschera, un personaggio che si nasconde perche non vuole dimostrare agli altri di essere morto, o meglio, di non essere mai nato perché chi non nasce non ha un nome. Tyler Durden, invece, possiede un nome e un cognome, è l'emblema di tutto ciò che di più umano ci possa essere, è il Superuomo di Friedrich Nietzsche che si è fatto carne.

2 commenti:

    On 5/2/06 12:03 Anonimo ha detto...

    Credo che tu abbia fatto un'analisi profonda della società. Forse, un po' provocatoria in alcuni punti che certamente saranno oggetto di critiche da parte di chi è sempre contro, ma sincera.
    Ho letto anche il breve post precedente e ho visto che hai cancellato quello di ieri.
    Ma che notte hai avuto? Un abbraccio.

    On 5/2/06 12:38 VAN ha detto...

    Cosa ho cancellato? Nulla che io ricordi. Vuoi dire che soffro anch'io d'insonnia e mi trasformo in Tyler Durden? :)

    Notte tranquilla. Ho dormito prima e dopo la notte più tarda.

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