Spesso a cambiare si rimane fregati.

E' tempo di compleanni e laure. Occasioni, come tutti sappiamo, dove vi è un festeggiato. La ragione non importa, ciò che conta è che ci si ritrova tutti assieme per brindare con gioia alla fortuna di una persona. Questo è sempre accaduto e sempre accadrà finché ci sarà qualcuno da festeggiare allegramente per ricordare annualmente l'avvicinamento al fatidico ultimo giorno o per un traguardo conseguito cum laude. E' vero che è sempre stato così ma, rispetto all'infanzia, le cose sono cambiate. E di molto.
Prendiamo ad esempio il compleanno che è un evento comune che si ripete ciclicamente ogni 365 giorni dal momento della nostra sortita dal ventre di nostra madre. Bene, nei primissimi anni di età il compleanno veniva festeggiato in famiglia, tra i parenti, e, spesso, nell'incoscienza del festeggiato che, bambino piccolo, non comprendeva di ciò che gli stava capitando intorno e, soprattutto, non ricorderà, più avanti negli ann, quei momenti (e non ricordare qualcosa equivale alla morte, alla non esistenza. Come facciamo a testimoniare che una cosa è avvenuta, è esistita se non la ricordo? - ma questo è un'altro discorso) gioiosi.
Poi, col sopraggiungere della memoria a lungo termine e con la crescita ma, soprattutto, con l'inizio della frequentazione scolastica e la nascita delle prime amicizie, i compleanni diventano eventi importanti così costruiti: io organizzo una festa per voi e voi, cari amici, in cambio mi fate un regalo. Do ut des. Questo porta gli amati genitori a imbastire un party casalingo con pasticcini, pizzette, bibite analcoliche e quant'altro mentre una schiera di vivaci amichetti ti invade e tenta di distruggerti l'abitazione. Se ci fate caso è lo stesso ragionamento che è alla base del più vecchio contratto del mondo: quello matrimoniale. Io ti organizzo una festa, un banchetto che mi costa migliaia di euro sonanti e tu in cambio mi foraggi i miei primi mesi di coppia sposata con regali utili e (becera tradizione cafona, soprattutto, emiliana) soldi nel taschino dello sposo. Si potrebbe discutere sull'inutilità di una tale messa in scena quando i soldi spesi nel banchetto equivalgono, più o meno, alla somma del valore dei regali ricevuti e per questo sarebbe più semplice spendere i propri soldi direttamente in cose utili che non in un banchetto ma, si sa, se non ci complichiamo la vita non ci divertiamo.
Torniamo al nostro argomento principale. Dicevo: do ut des, io do affinché tu dia. Ma a un certo punto nella linea del tempo della nostra vita questo principio si interrompe. Con l'adolescenza si assiste a un cambiamento di questo genere: io organizzo il compleanno (o la festa di laurea o quant'altro dove io sono il festeggiato) in un locale non mio, spesso un ristorante, dove, non essendo il padrone, lascio a una terza persona il compito di organizzarmi l'evento, una cena di solito, e voi, cari amici, siete invitati ma, poiché questa terza persona vuole essere pagata e l'ammontare che lui chiede è troppo alto per le mie tasche, vi dovete sorbire il prezzo dell'evento. Ah! E in più il regalo va sempre fatto! Ora, non so voi, ma a me questo ragionamento non fila per niente. Non ha logica. Qui c'è un 2 a 0 a favore del festeggiato che è incomprensibile. Oltre al regalo devo pure sobbarcarmi l'onere di pagare per la festa.
L'ideale, per uscire da questo empasse, sarebbe quello di organizzare feste più piccole (si possono sempre far organizare da terzi, per l'amor di Dio, perché non tutti possediamo una villa dove ospitare un sacco di gente) e più economiche dove poter offrire veramente il compleanno e ricevere, sì giustamente, il dono in cambio. Invece, quando feste di questo genere vengono imbastite, l'effetto è quasi sempre l'opposto. Si mangia e/o beve a sbafo, senza ricambiare il favore (ovvero: niente regalo).

D'altra parte l'uomo è sempre l'essere più furbo su questa terra. O il più stupido. Dipende da che parte si osserva la faccenda.

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